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LA CHIESA PARROCCHIALE DEI SS. PIETRO E PAOLO

(Parte prima - L'edificio)

 



I testi ed alcune immagini di questa sezione sono tratti dai volumi:

S.Guerini-A.Lanzoni - Le Chiese di Verolavecchia - Parrocchia Verolavecchia, 1990

T. casanova - La memoria Lunga - Parrocchia di Verolavecchia, 1999


 

Note sulla costruzione

Risale all'anno 1737 la prima notizia dell'intenzione di voler costruire a Verolavecchia una nuova chiesa parrocchiale.

La crescita della popolazione, la capienza limitata e lo stato precario in cui doveva trovarsi la struttura della vecchia parrocchiale, devono essere stati i motivi che hanno indotto la comunità verolese a decidere la costruzione di una nuova chiesa.

Questa sembra poi inserirsi in quell'ampia opera di ristrutturazione che tocca buona parte delle chiese bresciane nella prima metà del '700.

Per l'avvio dei lavori della fabbrica si deve però attendere quasi vent'anni più tardi, probabilmente a motivo delle ristrettezze economiche in cui la parrocchia si trovava.

Come testimonia l'epigrafe posta sul portale d'ingresso, la data di inizio dei lavori é infatti il 1753:

D.V.T.
MDCCLIII
TEMPM - INCEPTM
SIMVLQ - ABSOLTVM
OBLATIÓBVS - IN - ÁN - XX
DICATVM
AB-EPISCPO NAVA
AN-MDCCCXVIII
DIE-III-MEN-JVIAIJ
ARCHIPRBIRO

RECCAGNI

Il 12 febbraio 1753, dietro richiesta del parroco don Maurizio Butturini, il card. Querini concedeva agli uomini e alle donne del paese il permesso di lavorare anche nei giorni festivi per contribuire alla fabbrica della erigenda parrocchiale.

La scelta dell'area sulla quale innalzare il nuovo tempio verolese cadde sul luogo in cui sorgeva la precedente parrocchiale, con l'aggiunta delle zone adiacenti fino ad allora in parte utilizzate come cimitero.

Il 5 ottobre 1753 il parroco don Butturini riceveva la delega per benedire la prima pietra e ciò venne fatto dieci giorni dopo, mentre il 14 maggio 1754 veniva autorizzato l'abbattimento della vecchia parrocchiale.

Questa non venne però subito demolita, essendo ancora necessaria per le celebrazioni liturgiche.

Documenti d'archivio testimoniano che la vecchia parrocchiale, che sorgeva nella zona del presbiterio della chiesa attuale ed aveva la facciata verso meridione, continuò ad esistere e ad essere utilizzata fino al 1767. Di questa chiesa precedente, una costruzione della fine del Quattrocento, vennero conservati il coro e la sagrestia.

 

Un insolito orientamento

Nel grafico qui a fianco la verosimile situazione dei luoghi prima dell'edificazione della nuova parrocchiale: le parti più scure si riferiscono agli edifici più antichi. Lo sfondo è costituito dalla mappa attuale.

(ricostruzione di A. Barbieri e T. Casanova).

Su disegno di Domenico Prandini, sotto la direzione del capomastro G. Battista Mosca di Pontevico, nel 1753 iniziarono i lavori della nuova fabbrica; venne eretta anzitutto la facciata e poi si prosegui con i muri laterali per concludere con l'abside.

Questo ordine delle fasi della costruzione lo si spiega per il fatto che la vecchia parrocchiale venne demolita solo dieci anni più tardi, nel 1767, quando l'avanzamento dei lavori era arrivato al presbiterio.

Anche un altro elemento aiuta a capire il modo in cui si procedette.

Si tratta dell'orientamento dato alla nuova chiesa. Solitamente, infatti, le chiese erano costruite con l'altare rivolto a oriente, mentre la parrocchiale di Verolavecchia non presenta tale posizione, bensì quella opposta, con l'altare maggiore rivolto a occidente. Questo perché alcuni fattori impedivano di dare l'orientamento tradizionale.

Anzitutto la posizione della casa canonica che, all'epoca, sorgeva nella stessa posizione come é attualmente. Si ritenne fosse più agevole mettere direttamente in comunicazione l'abitazione del parroco con la sagrestia, come venne poi fatto, piuttosto che lasciarla lontana ed isolata. Inoltre, é da tener conto della presenza di un dislivello nel terreno adiacente al l'abside, per cui, se si fosse costruita la nuova chiesa con la facciata dal lato opposto rispetto all'attuale. sarebbe stato necessario provvedere alla eliminazione del dislivello con una gradinata che portasse all'ingresso del tempio.

 

L'architettura

É molto difficile trovare nel Bresciano una chiesa così unitaria nella struttura architettonica e nella decorazione pittorica e scultorea come la parrocchiale di Verolavecchia.

L'opera congiunta di grandi artisti, il gusto dei committenti ed il lasso relativamente breve di tempo che ha visto lo svolgersi dei lavori, ci hanno consegnato un edificio di grande serenità ed armonia, paragonabile forse solo alla chiesa della Pace di Brescia per lo spiccato sapore pre-neoclassico di derivazione massariana.

 

Il Progettista e il Costruttore

Una iscrizione, un po' nascosta e semplice, ma molto importante, incisa sull'intonaco in una stanzetta sotto il piccolo campanile di meridione, proprio accanto alla porta che conduce al sottotetto, nomina invece espressamente il capomastro costruttore ed il progettista:

ANO/DOMINI/...NCHI DEBVTATI/[EL]ETI DOM-PAOLO-M/[A]

CETI-DOM-GIACOMO/ANNI-DOM-PIETRO/BORDONALI-IL-DISE-
GNO/FVFATO-DEL-PROTO/MAESTRO-DOMENICO/PRANDINI

DI-CALVISANO/E-FV-ESEQITO-DAL-PRO/TO-MAESTRO-GIOVANI/
MOSCA-DI PONTIVCO/ADI-15-OTOBRE-L' 1753/FV-MESO-LA-
PRIMA/[PIETRA]-E-LI-26-APRILE/177[7]-FV-STABILITA.

Di Domenico Prandini da Calvisano conoscevamo già alcune notizie che ce lo indicavano inizialmente come semplice capomastro-impresario e poi come architetto vero e proprio.

Infatti, nel 1762 il nostro artista prendeva in appalto la costruzione della nuova parrocchiale di Montirone, su progetto di GaspareTurbini, men- tre nel 1761 si trovava impegnato nella fabbrica della parrocchiale di Leno, su progetto di Antonio Marchetti. Un'iscrizione nella controfaccia della parrocchiale di Calvisano lo nomina invece come architetto di quella chiesa.

All'ultima attivitá del Prandini dovrebbe risalire il progetto della parrocchiale di Gottolengo, eseguito in variante ad un primitivo disegno di Giovan Battista Marchetti del 1746, conservato nell'Archivio vescovile di Brescia ed assai vicino all'impianto della chiesa di Verolavecchia.

Tutte le opere del Prandini sono comunque collocate cronologicamente tra il 1760 ed il 1770: la data del 1750-1753 che il progetto per Verolavecchia dovrebbe avere, sarebbe la prima del catalogo dell'architetto, ma appare assai spostata rispetto alle altre e per di più appartiene ad un'opera tra le più significative. E' forte il sospetto che anche in questa occasione il Prandini abbia lavorato su un disegno precedente, quando ormai la fabbrica era arrivata ad una certa altezza e le fondazioni erano state completamente impostate.

Dai documenti dell'Archivio parrocchiale, studiati e illustrati da Don Antonio Lanzoni, risulta che già nel 1737 c'era stato un grosso legato per la costruzione della nuova parrocchiale.

É probabile che fin da allora fosse stato steso un progetto di massima, forse ad opera di Antonio Turbino che nel 1732 delineava con la sua in-confondibile calligrafia il disegno per l'oratorio domestico dei fratelli Manera in Verolavecchia. Val la pena di ricordare che negli anni tra il 1730 e il 1740 Antonio Turbino era impegnato nella costruzione della parrocchiale di Manerbio, vagamente ricordata nell'impianto della chiesa di Verolavecchia. Inoltre, c'é da aggiungere che il Prandini balza alla ribalta della storia dell'architettura bresciana nel 1762 con l'appalto per la costituzione della parrocchiale di Montirone, progettata proprio dal figlio del Turbino, l'abate Gaspare.

 

La pianta

L'organismo architettonico si sviluppa con estrema chiarezza e semplicità, raccogliendo sotto l'ampia curvatura della volta a botte tre cappelle per lato, tutte della medesima grandezza e affiancate da lesene singole.

L'illuminazione, oltre al grande finestrone centrale, é affidata alle vaste aperture in corrispondenza di ciascuna cappella.

Legenda:

1.       L’Altare dei Morti o delle Anime Purganti

2.       L’Altare di S. Carlo Borromeo

3.       L’Altare della S. Croce

4.       Il Presbiterio, l’Altar maggiore

5.       L’Altare del SS. Sacramento

6.       L’Altare della Madonna del Rosario

7.       L’Altare di S. Angela Merici

8.       La Cappella del Trofeo della Croce

9.    La Cappella già del battistero

10.  L’ingresso nord

11.  L’ingresso sud

12.  La bussola d’ingresso

13.  La navata

14.  Il Coro

15.  La Sacrestia nuova

16.  Il Campaniletto

17.  Il Presbiterio della chiesa Cinquecentesca

18.  La Sacrestia secentesca

Sopra il presbiterio, una volta a direttrice circolare ed un catino emisferico senza costoloni chiudono armoniosamente lo spazio interno.

Questa struttura, in parte imparentata, come s'é detto, con quella della parrocchiale di Manerbio, si collega anche alle ricerche che intorno al 1750-1755 stava compiendo l'abate Antonio Marchetti sulle possibilità espressive della pianta longitudinale con tutte le cappelle delle stesse dimensioni: basti pensare alla parrocchiale di Porzano (1750) e a quella di Barbariga (1752).

Il progetto per la parrocchiale di Gottolengo, delineato da Antonio o da suo padre Giovan Battista nel 1746 é sicuramente il modello di partenza della nostra chiesa.

Rispetto alle architetture del Marchetti più giovane, la parrocchiale di Verolavecchia é però più quadrata e calibrata, meno svettante e sfuggente a chi ne percorre l'interno.


 

La facciata

Il collegamento con la parrocchiale di Manerbio é mantenuto per tutta la durata dei lavori di costruzione e per la facciata i Deputati si affidano a Bernardino Carboni. L'artista ne presenta il modello intorno al 1776-1777, quando stende il progetto per l'altar maggiore.

Risale infatti al 1778 la posa in opera del portale che segna l'inizio delle opere di costruzione del prospetto. Anche qui siamo in presenza di un impianto di tipo Marchettiano con i due ordini massicci e severi, segnati da paraste rettangolari e con poco divario tra l'ampiezza dei due registri in cui si articola la fronte.

Tipicamente del Carboni sono però gli elementi decorativi inseriti nello schema strutturale: il portale può essere avvicinato a quello della chiesa cittadina di S. Eufemia ed il cartellone nel timpano di cimasa ricorda quello della parrocchiale di Manerbio.

Una certa novità nel campo dell'architettura bresciana settecentesca è costituita dai capitelli delle lesene del primo ordine, ideati al di fuori da tutti i canoni architettonici classici ed assimilabili ad altari romani decorati con festoni floreali.

Modellate in stucco da Giovan Maria Moladore di Virle. ma su probabile modello del Carboni stesso, sono le statue dei santi Pietro e Paolo nelle nicchie del secondo registro. Dietro una durezza esecutiva nascondono infatti la grande facilità inventiva del Carboni.

 

La cronologia dei lavori

Tra il 1753 e il 1768 vennero innalzati i muri perimetrali e la facciata, con la conseguente copertura della zona della navata.

Nel 1767, abbattuta la vecchia chiesa, si passò alla costruzione del presbiterio e al completamento del resto.

All'inizio del 1768 la nuova parrocchiale era agibile e si cominciò a celebrarvi.

I lavori all'interno videro anzitutto l'erezione degli altari laterali e le rispettive Scuole diedero il loro contributo alla costruzione del proprio altare, mentre la spesa per l'altare dei Morti venne sostenuta dal nuovo parroco don Semenzi e da alcuni benefattori.

La titolazione degli altari laterali riprese, in parte, quella della vecchia parrocchiale dove vi erano l'altare del Corpo di Cristo, di S. Carlo, di S. Croce e della Madonna del Rosario.

L'altare maggiore venne realizzato a partire dal 1776 dallo scultore Lorandi su disegno di Bernardino Carboni e venne completato nel 1787.

Al 1773 risale invece la soasa in gesso, opera di G. Battista Rusca, decorata alla sommità da due angioletti eseguiti da Beniamino Simoni.

Sempre nel 1773 vennero posti i marmi alle lesene della controfacciata.

Il periodo che va dal 1770 al 1780 vide la realizzazione delle diverse tele degli altari.

Nel frattempo si provvedeva alla pavimentazione della navata (1774) e alla collocazione dei gradini del presbiterio (1779).

Il pavimento del presbiterio venne commissionato nel giugno del 1781 a G. Maria Moladore di Virle.

Nel 1776, il pittore Pietro Ferrari dipingeva la nuova sagrestia, il cui pavimento veniva realizzato nel 1777.

Nel 1778, venivano avviati i lavori anche all'esterno con la sistemazione della facciata. Venne anzitutto collocato il portale in pietra di Botticino e, in seguito, nell'aprile del 1780, con la stessa pietra venne realizzato lo zoccolo della base.

Gli stucchi e le diverse rifiniture della facciata si devono a Giuseppe Rossi, mentre il marmorino Moladore provvedeva alle due statue dei patroni Pietro e Paolo, alle balaustrine, agli acroteri e ai capitelli delle lesene.

Il disegno delle decorazioni dell'esterno é forse da attribuirsi a Bernardino Carboni, presente con diversi contributi nella parrocchiale di Verolavecchia.

Sempre all'esterno, nel 1783, venne eseguita la pavimentazione della piazzetta del sagrato delimitata con una ringhiera in ferro e, nello stesso anno, si diede avvio alla costruzione del porticato a ridosso del lato destro della chiesa.

I lavori di finitura tennero impegnato il cantiere all'incirca fino al 1790.

Venne effettuata la posa delle pietre allo zoccolo delle lesene (1781), ci si avviò alla sistemazione definitiva di alcuni altari laterali (S. Carlo e S. Angela) e completarono la loro opera anche gli indoratori Domenico Facente e Ottavio Peluzzi.
Nel 1782, ebbero inizio i lavori del nuovo campaniletto, costruito su disegno del capomastro Mosca e, nell'agosto dello stesso anno, veniva demolito il campanile della vecchia parrocchiale.

Pur tuttavia, anche se conclusa nel suo insieme, la nuova chiesa di Verolavecchia non poteva dirsi completa. Vi si provvide quasi un secolo dopo, verso la fine dell'800, per iniziativa del parroco don Andrea Mombelli, il quale fece eseguire al lecchese Luigi Tagliaferri gli affreschi, al bergamasco Bianchini gli stucchi della volta della navata e del presbiterio e al cremonese Zimbelli diverse opere di indoratura.

 

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a cura di Armando Barbieri

Ultimo aggiornamento: 27/06/2009