A. Barbieri
A PROPOSITO DI TURISMO NELLA
BASSA
Si fa un gran parlare in
questi ultimi tempi della possibilità di uno sviluppo turistico della nostra
Bassa, e la cosa non può che farci piacere.
Che il paesaggio bassaiolo
rappresenti una valida attrattiva turistica non lo scopriamo certo noi;
verso la fine dell'ottocento, il nostro modo ordinato di coltivare i campi,
la cosiddetta "piantata lombarda", ci era invidiato in mezza Europa.
Di quel paesaggio, invero,
oggi resta ben poco. Negli ultimi quarant’anni ce l’abbiamo proprio messa
tutta per distruggere quel che i nostri avi con tanto lavoro e tanto amore
ci avevano tramandato; l'abbandono delle campagne prima e l'urbanizzazione
poi, con la forsennata edificazione del territorio, ci stanno purtroppo
togliendo letteralmente la terra da sotto i piedi.
E così sono spariti i filari
di gelsi e di platani, le piante secolari, i mulini, lo stesso paesaggio che
non è più leggibile, divorato com’è da una selva di costruzioni dalle più
svariate forme, ma tutti inconfondibilmente grigi e lontani anni luce dalla
cultura del costruire tipica del nostro territorio (legno e mattoni).
Fortunatamente negli ultimi
anni si registra un timido ritorno alle origini con la messa a dimora, nelle
capezzagne, di alberi d'alto fusto, ma, ahimè, non più di gelsi (morus alba)
trattasi, ma bensì generalmente di pioppi (populus canadensis) -canadà.
Meglio di niente.
Sembra passato un secolo da
quando, non più di quindici, venti anni fa si cominciava a ragionare che
anche noi, nella Bassa, avevamo buoni e validi motivi di sicuro interesse
tali da costituire una meta non di secondo piano nel panorama del turismo
storico, artistico, ambientale e, in prospettiva, anche gastronomico.
Quando, con una buona dose di
faccia tosta, si aveva l'ardire di presentare in pubblico queste (balzane)
idee ad interlocutori che, per vari motivi, avrebbero dovuto esserne
interessati, di solito dapprima essi ti guardavano sbigottiti, poi si
guardavano l’un l’altro e, con gravi cenni del capo, convenivano che chi
poteva affermare una cosa del genere di sicuro non aveva tutti i giovedì a
posto. Quindi il più emancipato prendeva la parola e, con un mezzo
sorrisetto di commiserazione che sembrava dire “chès_ché l’è pròpe mat”
-questo è proprio matto-, diceva che, certo, sarebbe una buona cosa, ma,
sfortunatamente, nella nostra zona non abbiamo né panorami suggestivi, né
borghi medievali, né gallerie degli Uffizi, né affreschi di Giotto !
Eh già ! Verolanuova non è
Firenze e Verolavecchia non è Cortina d’Ampezzo, se no non staremmo qui a
parlarne, o no ?
Certamente non si può parlare
di un turismo stanziale, da villeggiatura, ma più precisamente di un turismo
di prossimità, un fenomeno che vede sempre più spesso la gente spostarsi,
anche per poche decine di chilometri, per visitare i luoghi interessanti del
proprio territorio, nella propria provincia o regione e, quasi sempre,
fermarsi per assaporare un buon piatto in qualche trattoria poco nota.
Questo fenomeno, è chiaro, può
innescare una crescita, oltre che dal punto di vista prettamente culturale,
anche in molti settori dell’economia locale, dalla ristorazione, alla
produzione alimentare, al mondo dell’artigianato per mezzo, ad esempio, di
manifestazioni che comprendano esposizioni di prodotti locali.
Nel panorama bassaiolo nessuna
località da sola, se non forse la sola Verolanuova, è in grado di costituire
un polo attrattivo di un qualche interesse. Qui infatti, a Verolanuova,
troviamo monumenti, opere d’arte, spazi verdi, qualche trattoria, ma la
ristrettezza del territorio e la sua abbondante edificazione le fanno
mancare quel tessuto ambientale e paesaggistico che potrebbe ben completare
il tutto.
La vicina Verolavecchia, per
contro, conserva vaste porzioni di territorio non del tutto contaminato e,
per di più, oggi tutelato dai due parchi regionali dell’Oglio e dello Strone,
oltre agli interessanti borghi di Monticelli e Scorzarolo.
Non è questa la sede per fare
l’elenco dei motivi di interesse nel nostro territorio, chi sa vedere e
capire, oltre che guardare, sa bene di quante e quali magnifiche opere
dell’uomo e della natura stiamo parlando. Non mancherà l’occasione di
ritornare su questo argomento per approfondire le nostre conoscenze su
questo o quest’altro aspetto del territorio Verolese.
Ecco quindi che, se pensiamo a
tutto il territorio Verolese (Verolanuova e Verolavecchia) e a quanto questo
può offrire, più che ai soli centri abitati, abbiamo tutte le carte in
regola per recitare un ruolo di primissimo piano nel ventaglio delle
potenzialità turistiche della Bassa.
Questo non vuole essere uno
sperticato elogio dell’unificazione dei due comuni che, come ho già avuto
modo di dire, a parer mio, è meglio che mantengano le rispettive diversità;
si tratta semplicemente di mettere in sinergia le diverse realtà del
territorio per conseguire un fine comune, a beneficio di tutti quanti.
Potrebbe essere utile a tale
scopo una Associazione di Volontariato del Territorio Verolese che faccia
funzioni di una Pro Loco, che abbia cioè come prerogativa quella di far
conoscere ad un più vasto pubblico le peculiarità del nostro territorio ed i
motivi per trascorrevi piacevolmente una giornata.
È anche con questo spirito che
nacque, nel 1997, l’Associazione Pro Loco di Verolavecchia, ma i tempi,
allora, forse non erano ancora maturi e, a distanza di dieci anni, si
avverte certamente la necessità di un radicale ripensamento delle funzioni
e delle competenze, nonché del bisogno di idee nuove e di una sana ventata
di aria fresca.
Se ne potrà parlare? Il
dibattito è aperto.
08/10/2007
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