Associazione PRO LOCO Verolavecchia

 

 

 

Verolavecchia (BRESCIA) ITALIA

 
 

 

I PROTAGONISTI RACCONTANO

Raccogliamo le testimonianze ed i racconti

di chi ha vissuto in prima persona gli avvenimenti del passato.

 


Intervistate i Vostri parenti e registrate il loro racconto, poi mandateci la trascrizione (o anche il solo documento sonoro) e provvederemo alla raccolta e pubblicazione delle testimonianze. È una operazione importantissima e indispensabile per la conservazione della memoria storica.

 

 

Il racconto di chi quel giorno ha vissuto

Controcanto verolese

Verolanuova, una nuova testimonianza getta altra luce sul 25 aprile 1945

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La storiografia ufficiale verolese contiene una pagina epica che racconta di come un pugno di ardimentosi riuscì a bloccare e disarmare una colonna di armati tedeschi in rotta verso il confine, il tutto proprio il giorno della liberazione, il venticinque aprile del mille e novecento quarantacinque.

Quello che non si è mai saputo è il seguito di quella pagina eroica.

Una recente testimonianza alza il velo di polvere che tutti questi anni avevano accumulato sopra gli avvenimenti di quei giorni e ne svela un retroscena non proprio edificante.

Il nostro interlocutore chiede di mantenere l’anonimato; a distanza di tanti anni c’è ancora un po’ di disagio a trattare certi argomenti. Lo accontenteremo e lo chiameremo convenzionalmente Mario, così come ometteremo anche i nomi di persone citati dal nostro testimone; quel che segue è il racconto fedele di quanto Mario ci ha confidato, sperando che altri vogliano aggiungere particolari o correggere eventuali imprecisioni.

Dunque, si diceva, quel giorno del venticinque aprile, ma secondo Mario doveva essere qualche giorno prima della storica data, una colonna di militari tedeschi si trovò a passare per Verolanuova.

Si trattava forse di una decina di autocarri militari e il doppio di carrette a quattro ruote trainate ciascuna da una pariglia di cavalli; autocarri e carrette erano carichi delle più svariate merci come viveri, armi, munizioni, pezzi di ricambio, effetti personali, di tutto, probabilmente anche denaro. In testa, una camionetta con un alto ufficiale al comando; in tutto forse una cinquantina di militari e cinquanta cavalli.

I nostri, evidentemente informati del passaggio, si erano ben appostati con una grossa mitraglia posizionata nella piazzetta della chiesa proprio sotto il portichetto dove ora c’è il negozio Zacchi, in modo da avere la colonna, proveniente da via Dante, proprio dritta davanti a sé.

L’arma era manovrata da un certo [...] sdraiato a terra sotto il portichetto, altri erano appostati all’angolo di via Garibaldi, sotto il portico che ora fronteggia il negozio di frutta e verdura; la posizione era perfetta per un agguato, non consentendo alcuna via di fuga, se non per via Castello, evidentemente anche quella ben presidiata.

Anche Mario, armato di moschetto, partecipò all’azione presidiando, con altri, il ponte sulla Gambaresca in piazza grande.

Quando la testa della colonna arrivò in piazzetta i nostri uscirono allo scoperto e un certo [...], con mossa repentina e gran coraggio, balzò sulla camionetta dell’ufficiale e gli puntò una grossa rivoltella alla tempia.

Il passaggio dei tedeschi in via Dante era stato insolitamente silenzioso poco prima; i frontisti, certamente avvisati del passaggio, avevano provveduto a sprangare porte e portoni e, in silenzio, si erano barricati al primo piano delle loro abitazioni. Ora, dalle finestre, una moltitudine di persone si affacciava gridando e, alcuni di questi, brandendo anche armi.

I tedeschi, essendo finiti nel cul-de-sac e temendo di essere circondati da soverchie forze nemiche, si arresero subito ai verolesi e l’ufficiale non poté far altro che dare l’ordine di scendere dai mezzi e consegnare le armi.

I nostri  presero in consegna i prigionieri e li scortarono, con il solo bagaglio dei loro zaini, in alcuni locali dell’allora Ospedale Civile in via Grimani. Solo dopo l’iniziale sbigottimento i tedeschi si resero conto della poca consistenza dei nostri e l’ufficiale tedesco, commentando la troppo frettolosa resa, ebbe a confidare ad alta voce: “Ci siamo arresi a una banda di straccioni !”

A distanza di tanti anni quel gesto assume invece un significato di salvezza: senza quella, magari,  poco gloriosa resa, qualcuno avrebbe potuto anche lasciarci la pelle, da una parte o dall’altra. Possiamo ben dire che fu un gesto dettato da grande saggezza.

I mezzi meccanici e le carrette, con i cavalli e tutto il loro carico, vennero invece condotti dai verolesi nell’Oratorio di via Zanardelli e lì restarono sotto stretta sorveglianza.

Ma tanto stretta la sorveglianza non doveva essere, se il compianto Nullo Biaggi [1] chiese, proprio al padre di Mario, suo lontano parente: “[...], fammi un piacere, vai là all’Oratorio e stai là e cerca di impedire che quei camion vengano saccheggiati”, ma ne ricevette un garbato rifiuto: “Nullo, vuoi farmi prendere una schioppettata?”.

E così il prezioso bottino rimase in balìa dei nostri eroi che se lo spartirono, prima di tutto i cinquanta cavalli, dato che occorreva anche provvedere al loro mantenimento, poi via via anche il resto della mercanzia; anche Mario ebbe in consegna uno di quei cavalli e se lo portò a casa, nella stalla, ma senza briglie e finimenti.

Intanto i prigionieri tedeschi erano sempre tenuti a bada dai nostri nell’Ospedale di via Grimani; pochi uomini male armati ora potevano tenere sotto scacco i teutonici, certamente affranti dall’ormai ineluttabile rovinosa sconfitta.

Come si era voltata la frittata! I ribaldi ora erano inermi e chiedevano pietà.

Ma, si sa, non sempre il genere umano brilla per magnanimità, e poi quelli erano giorni veramente duri e pieni di odio, fatto sta che [...], uno dei nostri, rovistando in uno zaino tedesco, si impossessò, tra le altre cose, di una macchina fotografica. Il legittimo proprietario, un ufficiale, scopertolo, lo supplicò e lo implorò di prendersi pure tutto ciò che voleva, ma che gli restituisse quello che doveva essere per lui un caro ricordo. La supplica non andò a buon fine e non ne ottenne nulla.

All’Ospedale vi rimasero per due giorni e due notti controllati dai locali, dopo di che furono liberati e quasi tutti se ne andarono a piedi, con gli zaini ...alleggeriti [2].

All’Oratorio, nel frattempo, dopo i cavalli cominciarono a prendere il volo anche i loro finimenti [3], e dopo i finimenti dei cavalli toccò alle merci caricate sui mezzi, e dopo le merci le carrette, e dopo le carrette le ruote dei camion, e dopo le ruote dei camion i loro motori, e dopo i motori i pezzi metallici riutilizzabili.

In breve, i mezzi rimasero in Oratorio circa un anno e, in quel lasso di tempo, tutta la mercanzia prese il volo per alcune ben note destinazioni [...]; alla fine, dei mezzi che erano entrati perfettamente funzionanti, non restavano che poche carcasse inutilizzabili e, per sgomberare il tutto, toccò entrare in Oratorio a caricare quel che rimaneva come rottame.

“Ma non sapete -dice Mario- quanta roba, e palanche [4] è rimasta qui a Verolanuova di quei tedeschi!”

Nessuno naturalmente osò allora obiettare alcunché, tutti in fondo avevano forse qualcosa da nascondere e alla fine tutto fu messo a tacere, per il quieto vivere.

Come dicono a Napoli: chi ha avuto, ha avuto e chi ha dato, ha dato.

Ma ci fu anche chi se ne vantò, ci fu anche chi, anni dopo, confidò di pasteggiare con vino marsala, ché il vino locale non era sufficientemente pregiato per i loro, ormai, raffinati palati.

Tanta manna però non durò a lungo, ben presto i soldi finirono e i più tornarono alle vecchie abitudini e alle vecchie bevande.

Ma certamente il nostro impegno ora non è quello di giudicare fatti e persone, molte delle quali già scomparse, ma quello di contribuire alla ricerca della Verità e alla divulgazione di quanto abbiamo appreso.

Per tornare alla nostra vicenda, occorre aggiungere che, dopo una settimana o due dalla resa dei tedeschi, un’altra colonna germanica ebbe a passare da Verolanuova; questa volta si trattava di un ospedale da campo al completo.

Si fermò per una lunga sosta in piazza grande e poi riprese il viaggio verso il nord senza alcun intoppo da parte dei nostri e recuperando anche gli ultimi militari della precedente compagine rimasti in zona.

Il cavallo di Mario venne alla fine riconsegnato. Chi comandava la piazza propose al padre di Mario di acquistarlo con una discreta somma di denaro, ma ne ricevette ancora una volta un garbato rifiuto.

Anche se si trattava di un bel cavallo, forte, tuttavia era molto ombroso, spesso si bloccava nel bel mezzo del cammino e allora non c’era verso di farlo ripartire; ripartiva da solo, dopo un po’, all’improvviso, quando decideva lui !

Probabilmente ciò era frutto di ...un ‘difetto di comunicazione’: i nostri non conoscevano i comandi in tedesco e lui non comprendeva il dialetto bresciano !

Con la stessa somma di denaro Mario acquistò poco dopo un bellissimo asino da utilizzare nei lavori agricoli, lo chiamò affettuosamente Gigi e rimase con loro per molti lunghi anni.

abi

 

[1] Per la biografia del verolese Sen. Nullo Biaggi, si veda la bella nota di Rino Bonera in http://www.verolanuova.com/lucesalelievito/nullobiaggi/index.htm

[2] Fino a qualche anno fa all’Ospedale di via Grimani c’era ancora traccia del passaggio di quei soldati tedeschi: nel sottotetto, in una cassa, vi erano ancora alcune maschere antigas tedesche. Un recente sopralluogo ha evidenziato purtroppo la perdita di questi oggetti.

[3]  Collane da traino, briglie, redini, cavezze, sottopancia, pettorali, martingale, ecc., tutta roba di fine cuoio.

[4]  Mario chiama ancora così i soldi, retaggio antico.

 

 

 

 

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  © Associazione Pro Loco Verolavecchia

a cura di Armando Barbieri

Ultimo aggiornamento: 26/04/2009